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Il processo assistenziale migliore per ridurre le complicanze da disordine deglutitorio o disfagia nei pazienti tetraplegici
Qual è il processo assistenziale migliore per ridurre le complicanze da disordine deglutitorio o disfagia nei pazienti tetraplegici in fase acuta o con grave cerebrolesione acquisita? Ne ha parlato Giovanna Barbara Castellani – dirigente medico di terapia Sub-Intensiva –al recente convegno SIRN (Società Italiana di Riabilitazione Neurologica) svoltosi a Riva del Garda approfondendo le tematiche relative al percorso diagnostico-terapeutico e assistenziale (PDTA) per la gestione del paziente disfaccio.
“Le possibili complicanze della disfagia – ha detto – sono la polmonite, l’asfissia, la malnutrizione e la disidratazione; tetraplegia in fase acuta e grave cerebrolesione acquisita sono condizioni ad elevato rischio di disfagia e, per questo, l’Istituto di Montecatone ha ritenuto necessario costruire un PDTA ad hoc per gestire i pazienti”.
Il lavoro ha poggiato “sulle evidenze scientifiche ma – è stato detto – ci siamo anche adattati al contesto locale tenendo presenti le risorse disponibili; abbiamo identificato un percorso che si svolge attraverso il coordinamento e l’attuazione di attività consequenziali standardizzate da parte del team multidisciplinare (medico, logopedista, infermiere e fisioterapista). L’applicazione del PDTA – ha aggiunto Castellani – è monitorata attraverso indicatori di processo. Il risultato atteso è la sicurezza del paziente cui viene diagnosticato precocemente il disturbo deglutitorio e l’uniformità di trattamento. Il PDTA – ha concluso il medico – è strumento di governance, ma anche base per la ricerca”.