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Un team del MRI guidato da Monika Zackova e composto da Paola Rucci, Rossana Di Staso, Silvia Ceretti, Giuseppe Bonavina e Eric Delmestro, ha condotto uno studio trasversale, pubblicato sulla prestigiosa rivista Healthcare, in cui sono state indagate le relazioni tra esiti riportati dai pazienti e altre variabili demografiche e cliniche in adulti con LMS dimessi da unità di terapia intensiva.
In medicina, gli strumenti per raccogliere informazioni direttamente dai pazienti stanno diventando sempre più rilevanti. Due tra i più utilizzati sono i PROMs (Patient-Reported Outcome Measures) e i PREMs (Patient-Reported Experience Measures). I primi sono questionari o scale di valutazione che misurano la salute, la qualità della vita e il benessere percepito dal paziente. I PREMs, invece, si concentrano sull’esperienza soggettiva dei pazienti riguardo le cure ricevute, ponendo particolare attenzione alla qualità dei servizi e al rapporto con gli operatori sanitari.
Mentre i PROMs sono principalmente focalizzati sugli esiti clinici e sulla percezione dello stato di salute, i PREMs permettono di comprendere l’esperienza vissuta dai pazienti durante il processo di cura. Questo è particolarmente rilevante nei pazienti con lesioni del midollo spinale (LMS), dove tali strumenti possono avere un impatto significativo sulla prognosi.
Nonostante la loro importanza, la ricerca su questi temi è ancora limitata e, per affrontare tale lacuna, un team di medici del MRI guidato da Monika Zackova – composto da Paola Rucci, Rossana Di Staso, Silvia Ceretti, Giuseppe Bonavina e Eric Delmestro – ha condotto uno studio trasversale, pubblicato sulla prestigiosa rivista Healthcare. Sono state indagate le relazioni tra esiti riportati dai pazienti e altre variabili demografiche e cliniche in adulti con LMS dimessi da unità di terapia intensiva.
«Come PREMs abbiamo utilizzato due strumenti – spiega Zackova – per valutare specifici aspetti psicologici nei pazienti: il Consultation and Relational Empathy (CARE), che misura il livello di empatia percepito nei confronti dei medici e la Connor-Davidson Resilience Scale (CD-RISC-10), per valutare la loro resilienza, ossia la capacità di affrontare le difficoltà. I partecipanti erano 148 adulti con lesioni al midollo spinale, l’82,4% dei quali uomini, con un’età media di 49,9 anni. La maggior parte delle lesioni (82,4%) era dovuta a traumi e nel 74,3% dei casi la lesione era completa. La durata media del ricovero ospedaliero era di 35 giorni (in Area Critica) Abbiamo scoperto – prosegue Zackova – che maggiore era il livello di empatia percepita, maggiore risultava la loro resilienza. Al contrario, minore era il livello di empatia percepita, maggiori erano le complicanze. Infine, abbiamo osservato che la resilienza era leggermente influenzata dal dolore, ma non da altre variabili cliniche».
Lo studio conclude che «nella pratica clinica dovrebbe essere sempre considerata la valutazione routinaria di PREMs e PROMs per personalizzare i piani terapeutici e per identificare misure appropriate a garantire la continuità delle cure».