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Immobilità prolungata: a Montecatone percorso riabilitativo frutto della reale collaborazione tra operatori, pazienti e familiari

L’allettamento prolungato di un paziente affetto da trauma o malattia ha conseguenze che si riverberano rapidamente su più apparati tali da determinare una sindrome da immobilità che può esitare, nel lungo termine, nella perdita permanente di alcune abilità motorie.


L’allettamento prolungato di un paziente affetto da trauma o malattia ha conseguenze che si riverberano rapidamente su più apparati – locomotore, della cute, gastroenterico, cardiovascolare e cognitivo psicologico con danni sensoriali, motori e cognitivi – tali da determinare una sindrome da immobilità che può esitare, nel lungo termine, nella perdita permanente di alcune abilità motorie.

È attivo in tal senso, da alcune settimane, al Montecatone R.I., grazie a una collaborazione con le Aziende USL di Bologna e Imola, l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna e strutture del Consorzio Colibrì (O.P.A. Santa Viola e Villa Bellombra) all’interno di un accordo di area metropolitana, un ambulatorio multi-specialistico per la valutazione e il trattamento dei disturbi muscolo scheletrici secondari dopo grave cerebrolesione acquisita e mielolesioni (cosiddetti “secondarismi”). Alle attività dell’ambulatorio di alta specialità concorrono congiuntamente specialisti fisiatri e ortopedici. L’Hub chirurgico ortopedico è condotto da Luca Gaiani dell’Ortopedia AUSL di Imola.

«Il punto di partenza del percorso riabilitativo, in cui è necessario prevenire e contenere le alterazioni muscolo scheletriche favorendo la partecipazione e l’interazione del paziente – spiega Pamela Salucci, direttore dell’Unità Operativa Gravi Cerebrolesioni Acquisite – è riconoscere i danni che si instaurano a seguito di un trauma o una malattia». Ma è solo grazie all’alleanza tra operatori, paziente e familiari che è possibile immaginare un percorso riabilitativo efficace perché «l’adesione della famiglia al programma – argomenta Salucci – ha dimostrato un migliore outcome alla dimissione». Nella concretezza viene sottoscritto il Patto di cura tra le parti che sancisce un accordo di collaborazione reciproca necessaria alla creazione dell’ambiente terapeutico idoneo al percorso riabilitativo della persona ricoverata.

Le attività specifiche del percorso riabilitativo annoverano, anche, diagnosi e cura per i severi secondarismi muscolo scheletrici, deformità conseguenti alle condizioni di severo incremento del tono muscolare e di deficit motorio e posturale da causa neurologica che spesso sono causa secondaria di limitazione funzionale e di disabilità, nonché di riduzione sensibile dei risultati ottenibili con l’intervento riabilitativo.

«Le opzioni terapeutiche – aggiunge Salucci – coprono un range di competenze specialisticihe piuttosto differenziato: la chirurgia ortopedica funzionale, eventuali approcci di neurochirurgia funzionale, la neuro-modulazione transcranica, la neurolisi chimica loco-regionale, l’impianto di infusori intratecali di farmaci ed altri ancora. Idem dicasi per le necessarie risorse diagnostiche integrative, che sono molteplici (elettromiografia, ecografia, elettroneurografia)». Un contesto multidisciplinare che, sempre secondo Salucci, «assume un rilievo particolare qualitativo e quantitativo nelle condizioni di disabilità da causa neurologica per evento acquisito cerebrale o spinale».

 

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